La Festa

Frankie si guardò intorno con fare noncurante. Non c’era nessuno.
– Allora? –
– Via libera. –
Johnny tirò fuori un cacciavite e cominciò a togliere le viti che tenevano ferma la targa dell’auto dietro cui era accucciato.
– Sicuro che non viene nessuno? –
– Ti ho detto via libera. –
Johnny svitò l’ultima vite e staccò la targa.
– Prendine una anche dall’altra. –
– Lo so, lo so. Tu fai il tuo lavoro. –
Frankie prese un pacchetto di sigarette dalla giacca e se ne accese una.
– Guarda che il fumo si vede. –
– È notte imbecille. –
– Appunto. –
Johnny finì di staccare la targa dell’altra auto e si alzò, infilando le due targhe sotto la giacca.
– Fatto. –
– Squagliamocela. –
Diedero un’ultima occhiata in giro. Erano vestiti in maniera anonima, o almeno nella loro idea di anonimo. Giubbotto sportivo nero, jeans neri, polo nera e occhiali da sole. Niente di strano, ma era notte, era agosto e c’erano ventotto gradi. Tuttavia Johnny e Frankie mantenevano abbastanza sangue freddo da riuscire ad autocondizionarsi, o per lo meno a salvare le apparenze. Nonostante i visi e le mani perfettamente asciutti infatti, tra la polo e la giacca avrebbero potuto cuocere un uovo bollito.
– Nessuno. –
– Tu a destra, io a sinistra. Ci vediamo alla macchina. –
Frankie e Johnny si separarono senza dire altro, prendendo direzioni diverse per uscire dal parcheggio.
Erano già le dieci di sera ed erano in perfetto orario. Frankie e Johnny non erano mai in ritardo. Non perdevano mai tempo, nemmeno per discutere. Quando preparavano le tabelle di marcia programmavano anche i litigi. Il loro non era un lavoro in cui si potevano permettere di perdere tempo. Era la regola. A non rispettarla il tempo lo si poteva perdere del tutto o guadagnarne una fornitura infinita, come asseriva Johnny. Ma quell’opinione era valida solo per chi credeva nell’inferno.
Frankie e Johnny erano dei killer.
Quella era la loro occupazione ufficiale, ma si sa, non è che si può campare solo con il mestiere di killer, bisogna arrotondare. Negli anni si erano fatti un vasto curriculum di pestaggi, rapimenti, pedinamenti, intimidazioni e consegne. Più raramente anche come consulenti nel campo della protezione personale.
Purtroppo però erano settimane che non ricevano ingaggi, e Frankie e Johnny stavano davvero pensando che era ora di cambiare lavoro. La crisi del settore aveva già rovinato più di un collega e in fondo c’era pur sempre il contrabbando.
Per questo al primo ingaggio che gli si era parato davanti avevano fatto ancora meno domande del solito, volevano lavorare e basta. Come ai vecchi tempi. Un nome, un indirizzo e via senza troppi problemi. Non come negli ultimi anni, quando per uccidere qualcuno dovevi sapere l’indirizzo di casa, dell’ufficio, dell’amante, della moglie, della massaggiatrice e del dentista. Le specifiche dell’antifurto, dell’antincendio e delle telecamere di sicurezza. La piantina di tutti i quartieri di tutti gli indirizzi reperibili, le frequenze della polizia, i turni delle pattuglie… Frankie e Johnny erano sopravvissuti dedicando anima e corpo al lavoro. La vita privata era morta da tempo, ma nessuno era famoso e richiesto quanto loro in città. Almeno fino a qualche mese prima.
Frankie arrivò alla macchina che Johnny era già dentro.
– Sei in ritardo. –
– Io non sono mai in ritardo. –
– Oggi sì. Hai fatto il vago venti secondi di troppo. Stai invecchiando. –
– Cazzate. –
– Ti ho visto guardare due volte la stessa vetrina. –
– Metti in moto. –
– Sei vecchio Frankie. –
– Lo so Johnny. –
Johnny accese l’auto, mise la freccia e si infilò nel traffico senza più parlare.

Annie stava impazzendo.
– Josh!! Dove sono le mie scarpe?! –
– Dove le hai lasciate quando te le sei tolte. –
– Vaffanculo Josh. –
– Magari. –
Annie si ficcò sotto il letto scoprendo quattro gatti di polvere, un chewingum masticato e una biglia di plastica, ma nessuna scarpa. Andò in salotto dove Josh stava guardano X-Factor e scuoteva la testa rassegnato.
– Ma perché Andrew si ostina a cantare. È così bello… è sprecato lì in mezzo. –
– Potresti aiutarmi invece di sbavare? –
– Assolutamente no. Devi imparare a essere più ordinata. E poi se facciamo tardi posso dare la colpa a te. –
– Ti odio. –
– Non è vero. –
– E invece sì. –
– Non dici così quando ti passo le prede inutilizzabili. –
Annie aggirò il divano e andò in cucina. Le scarpe erano dietro il frigo.
– Come cazzo ci sono finite qui?! –
– Quando hai preso il succo di frutta. –
– Me lo potevi anche dire, stronzo! –
– C’era Andrew in tivù, non potevo distrarmi. –
Annie scimmiottò Josh e si infilò velocemente le scarpe.
– Sono pronta andiamo. –
Josh si alzò con un balzo dal divano stiracchiandosi.
– Spero che Madeline abbia invitato anche quel fusto del suo vicino. –
– Smettila. Ci sta provando lei. –
– Non è detto che lui sia interessato. –
Uscirono da casa e scesero le scale. Annie tornò su subito a prendere la borsa. Uscendo inciampò nel tappetino e si ruppe un tacco. Dovette quindi tornare dentro a cercarne un altro paio. Quando salirono sul taxi, erano passati venti minuti.
– Merda. Madeline ci ucciderà. –
– Ti ucciderà. Comunque conoscendoti sarà uscita da casa in ritardo. –
– O ne avrà approfittato per stare di più con il vicino. –
Josh fece una smorfia mentre il tassista sfrecciava nel traffico tagliando la strada a due macchine e un autobus.
– Pensi che verrà Mark? –
– Lo spero. Potrebbe essere l’occasione giusta per scoprire la sua vera vocazione. –
– Mark è etero. –
– Questa è una cosa tutta da scoprire mia cara. –
Annie gli tirò un pugno sull’inguine. Josh urlò.
– Ma sei pazza?! Questo mi serve stasera! –
Josh ed Annie si erano conosciuti il primo anno di college. Lei entrava nell’aula di letteratura e lui ne usciva. Si erano scontrati ed era stato odio a prima vista. Il primo litigio non si scorda mai. A quello erano seguite una lunga serie di discussioni più o meno violente che si moltiplicarono con la loro convivenza dopo la laurea. Il patto che li univa era quello standard condiviso da tutte le coppie gay/etero nella combinazione uomo/donna conviventi, vigente dal giorno in cui Will e Grace era andato in onda: se lui rimorchiava un etero, lo passava a lei; se era lei a rimorchiare un gay, il contrario. Naturalmente la regola includeva il costante tentativo di uno dei due di ‘convertire’ la nuova conquista dell’altro, cosa che finora era riuscita solo a Josh. I litigi che ne nascevano erano talmente sublimi che a ogni urlo guadagnavano nuovo amici, motivo ovviamente per il quale venivano invitati.
Ormai una festa non era considerata tale senza la presenza di Josh e Annie, cosa che gli fece capire di avere un talento e i talenti di solito vanno sfruttati. In poco tempo si misero in affari: loro assicuravano battute sferzanti e originali, l’ingaggiatore moneta sonante e champagne. Fino a quel momento non avevano mai deluso un committente, erano dei veri professionisti. L’ultima volta avevano studiato le battute per una settimana prima del party della stilista emergente Janet Monroe, ed erano riusciti a finire su Vogue.
Quella cui stavano andando però era di amici, quindi avrebbero lavorato gratis: solo battute di repertorio.
– Questa sera vedi di non improvvisare. Non voglio bruciare una buona discussione solo perché la tua memoria non regge da ubriaca. –
– Tu invece cerca di risparmiare la voce da checca. L’ultima volta sembrava sciupata. –
Arrivarono da Madeline che era seduta sui gradini del palazzo, avvinghiata al suo compagno per la serata.
– Oh che peccato. Bersaglio mancato! –
– Tutto da vedere tesoro. –
Madeline si staccò malvolentieri dal ragazzo e li guardò con un finto broncio.
– Siete in ritardo. –
– Colpa sua. –
– Stronzo. –
– La predica la faccio dopo. Ora andiamo, Bill ci aspetta con la macchina. –
– Ma non potevamo vederci direttamente là? –
– No! Dobbiamo andare a prendere la torta, ma il vecchio vuole farcela pagare di più, quindi voi dovete fare il solito show. –
Uno degli altri motivi per cui Josh ed Annie erano ricercati, era il modo con cui esasperavano i commercianti riuscendo a farsi dare qualsiasi cosa. Lo avevano scoperto per caso un giorno in cui erano andati in un fast food a prendere un hot dog e Josh aveva ordinato quello sbagliato per Annie. Si erano rifiutati di cambiarlo e lei aveva cominciato a litigare con Josh in una foga tale, da bloccare completamente le consumazioni. Avevano radunato anche una discreta folla che intasava il locale, il direttore stesso li aveva raggiunti, senza risolvere niente. Alla fine avevano dato ad Annie l’hot dog che voleva senza farle pagare un cent in più. Da allora l’avevano messo in pratica per qualsiasi cosa, dal farsi cambiare abito senza scontrino, all’accedere alle aree a pagamento di alcuni musei.
Era sempre riuscito.
– Chi è sto tizio? Cinese? Russo? Ebreo? –
– No, italiano. –
– Ahia. –
– Qui dovremo metterla sulla compassione. –
– Basterà buttarla sul familiare, vedrai che cede. –
Madeline fece un saltello felice e abbracciò Annie, ignorando così l’occhiolino che Josh fece al suo amico. Annie sogghignò, ma purtroppo il ragazzo gli rispose con un sorriso. Mentalmente e controvoglia, aggiunse una tacca al tabellone dei punti sotto la colonna di Josh.
Frankie e Johnny erano pronti.
Avevano cambiato le targhe, pulito i fari, controllato i freni e cambiato abiti. Ora indossavano un sobrio completo formato da pantaloni, giacca, camicia e cravatta nera. Gli occhiali da sole erano gli stessi.
Poi si erano occupati delle armi.
Frankie avrebbe preso il Thompson, compagno fidato di tante avventure, Johnny il fucile a canne mozze. Non gli avevano detto il numero esatto delle persone che sarebbero state presenti, ma avevano abbastanza potenza di fuoco per eliminare almeno una ventina di bersagli.
Naturalmente avrebbero portato anche le armi di ordinanza: nove millimetri alla fondina, calibro 24 alla caviglia, serramanico alla cintura, tirapugni in tasca, spray anti aggressione. Non si sa mai con chi si può avere a che fare.
Un collega aveva riso di loro una volta sapendo che andavano in giro con lo spray antistupro, ma dopo che gli avevano mostrato l’efficacia di entrambe le bombolette, una per ogni occhio, si era ricreduto. Purtroppo aveva dovuto abbandonare la carriera di cecchino.
– Check. –
Frankie e Johnny si controllarono a vicenda.
– Tutte le armi presenti, nessuna visibile. –
– Idem. –
– Benzina? –
– Fatta. –
– Indirizzo? –
– Preso. –
– Conferma mandante? –
– Mancante. –
Frankie guardò Johnny, che a sua volta guardò Frankie.
Di solito, non operavano senza conferma. Capitava spesso che un tizio venisse a patti con il mandante o che il bersaglio fosse sbagliato. Non aveva senso sprecare tempo e munizioni contro bersagli inutili, quindi chiedevano sempre una conferma a voce prima di mettersi in moto. La crisi del settore però li aveva spinti ad accettare al volo l’incarico senza chiedere nessun recapito o dettaglio che non fossero nome e indirizzo.
Era andata così.
Erano dentro un pub a rinfrescarsi con un’orzata fresca e a leggere il giornale per controllare gli annunci di lavoro in codice, constatando la stessa cosa dei giorni precedenti: nessun annuncio in codice. Avevano appena ordinato una seconda pinta di orzata quando un tizio, presumibilmente lo scagnozzo di qualcuno, si era avvicinato usando la frase: “Ehi, come butta amico?”
Frankie aveva guardato Johnny che aveva guardato Frankie che aveva dato la risposta: “Butta bene. E a te?”, stabilito il contatto erano andati avanti.
“Avete sentito di Menny? Siete disponibili?”
“Dipende, per cosa?”
“Un suo amico Jack, torna dall’Europa e dice che bisogna fargli una festa, ma senza troppo rumore. Non vogliono trovarsi tra i piedi persone indesiderate.”
“Capiamo perfettamente il problema.”
“Quindi stiamo spargendo la voce solo tra di noi, evitando i ficcanaso. Voi ci state?”
Frankie e Johnny si erano guardati.
“Dì pure a Menny che ci stiamo.”
“Grande! Questo è l’indirizzo, venite verso le undici e mezza, prima non trovate nessuno. Mi raccomando, discreti. Stiamo cercando di tenere la cosa per noi.”
“Certamente.”
Il tizio aveva fatto per raggiungere i suoi amici al tavolo più indietro, ma Johnny lo aveva fermato.
“Come facciamo per la conferma?”
“La conferma?”
Anche Frankie lo guardava.
“Sì, la conferma.”
Il ragazzo li aveva fissati per un attimo, come a riflettere.
“La conferma! Giusto! Non vi preoccupate, è già tutto confermato.”
Frankie e Johnny quindi avevano ottenuto un ingaggio. Avevano solo un nome e un indirizzo e nessun recapito, ma non erano preoccupati, era alla ‘vecchia maniera’. Loro facevano il lavoro, aspettavano che la notizia si fosse sparsa per la città, tornavano al luogo di ingaggio e riscuotevano.
– Sicuro di essere ancora capace? –
– Taci e guida Johnny. –
I due presero le armi e le caricarono in macchina. Erano le undici, in perfetto orario.
Johnny regolò l’orologio del cruscotto con il suo.
– Sicuro di sapere la strada? –
– Non sono io il matusa Frankie. –
Frankie e Johnny sgommarono verso la loro meta.

Annie e Josh stavano dando il meglio di sé. La piccola pasticceria che avevano trovato vuota quando erano arrivati, era ora affollata da una decina di persone e l’orario di chiusura era appena passato. Il proprietario li guardava con gli occhi stralunati, indeciso se prendere il mattarello e sbatterli fuori o ignorarli e servire il resto dei clienti mentre loro sbollivano. Purtroppo era stato poco accorto e i due ora stavano tenendo in mano la torta tra loro due, e minacciava di cadere sotto la foga dei loro gesti da un momento all’altro. Era una torta molto grande, per almeno una trentina di persone golose, che aveva richiesto parecchio tempo e risorse, e ondeggiava pericolosamente a ogni gesto di enfasi.
Annie e Josh erano passati dagli insulti triviali, a quelli familiari, a rinfacciarsi le mancanze coniugali. Stavano attaccando con il repertorio dei figli quando l’uomo li fermò.
– Basta. Basta!! Ok ho capito. Prendetela al prezzo che avevamo concordato e andatevene! Così chiudo. –
Annie e Josh lo guardarono, poi si guardarono tra loro.
– Ce la facciamo vero a comprare il set di arte per Joy Jr.? Non è che devo dire alla sua insegnante che dovrà aspettare il prossimo mese perché tu non sai fare i conti? –
– Se la mia gestione patrimoniale non ti soddisfa, puoi sempre farli tu. –
– Io ho ne già abbastanza da fare badando a te e ai tuoi figli, tu potresti occuparti almeno di questo cercando di farne una giusta per una volta. –
– Basta! Basta!! BASTA!! Vi faccio lo sconto di dieci dollari. O così o lasciate la torta. –
Frankie e Johnny lo guardarono.
– Ok! Quindici e levatevi dai piedi. Per la miseria! –
I due uscirono dal negozio acclamati come eroi.
– Siete grandi! Non capirò mai come ci riuscite! Io e Bill ci abbiamo provato una volta ma hanno chiamato la sicurezza. –
– Talento cara, solo talento. –
Raggiunsero la vecchia utilitaria di Bill mettendo la torta nel bagagliaio.
– Sicuro che non si rovina? –
– Non ho altra scelta, sul sedile posteriore ci state a malapena voi. –
Annie e Josh salirono in macchina, seguiti dall’amico di Madeline. I due non erano massicci, ma occupavano abbastanza spazio da schiacciarla contro il finestrino.
– Perché non fai sedere Madeline con noi? Occupa meno spazio. –
– Perché le signore vanno fatte sedere davanti. –
– E io allora? –
– Ho detto le signore tesoro, non le scimmie. –
– Questa era banale. –
– Troppo facile, non potevo sprecarmi. –
– Pigro. –
Bill mise in moto e partì lasciando che i due finissero di complimentarsi per la performance.

– Johnny? –
– Si? –
– Ci siamo persi. –
– Lo so Frankie. –
L’indirizzo che avevano segnato corrispondeva a una vecchia stazione dei pompieri chiaramente abbandonata. Anche senza indagare si capiva che era deserta.
Erano arrivati senza problemi. Non avevano incontrato pattuglie della polizia e la era strada deserta. Da manuale, avevano fatto prima un giro dell’isolato come sopralluogo, ma appena oltrepassato il numero civico dell’obiettivo Johnny aveva inchiodato ed era tornato indietro. La sorpresa era tale che Frankie non lo aveva nemmeno ripreso.
– Frankie? –
– Sì? –
– Che facciamo adesso? –
– Non lo so Johnny. –
I due erano in piedi accanto alla macchina a fissare la vecchia palazzina. Era talmente mal ridotta che perfino i barboni preferivano dormire all’aperto.
– Forse potremo chiedere a qualcuno. –
– Sei diventato scemo Johnny? –
Una delle regole fondamentali nel loro lavoro, era che non bisognava farsi notare. Mai. Chiedere a un passante indicazioni su un luogo presso il quale si sarebbe presto tenuto un delitto, era effettivamente più che farsi notare, era costituirsi.
– Potremo travestirci. –
– Anche a me piacerebbe fare il rapper, ma sono bianco. –
I due continuarono a guardare il palazzo come se potesse fornirgli una risposta. Ovviamente non l’aveva.
– Ecchecazzo! –
I due si guardarono, poi si voltarono.
La voce che aveva lanciato quello strillo fissava il palazzo dietro le loro spalle sporgendosi dal finestrino del passeggero di una vecchia utilitaria ridotta allo stesso stato della palazzina.
– Bill! Qui non c’è nessuna cazzo di festa! –
Quattro paia d’occhi si sporsero da tutte le parti della macchina.
– Eppure James ha detto proprio qui. Littleville Road, 141. Ecco, ce l’ho scritto. –
Frankie e Johnny si guardarono. Il tizio non era stato poi così discreto.
– Ma James è tutto scemo e voi più di lui. Jack sta al 141 di Bigville Road, dall’altra parte del quartiere. –
– Sicura? –
– Ma certo che sono sicura idiota. Metti in moto questa carretta, se sto qui dietro cinque minuti di più ne esco sciancata. –
– Il tuo profilo ne guadagnerà senz’altro. –
Non seppero mai cosa gli venne risposto poiché macchina e occupanti sgommarono via senza degnarli di uno sguardo.
Frankie e Johnny li osservarono sparire, poi si tolsero gli occhiali.
– Te l’avevo detto che eravamo in ritardo Frankie. –
– Lo so Johnny. –

La festa era riuscitissima.
Jack era stato attaccato al barilotto di birra e fatto bere fino a quando non aveva dovuto allargarsi i pantaloni per riuscire a starci dentro. La torta era arrivata ammaccata, ma nessuno ci aveva fatto caso mentre tentava di accaparrarsene un pezzo.
La storia di come Annie e Josh erano riusciti ad averla per due terzi del prezzo era leggenda. I due per altro avevano abbandonato l’idea iniziale di non sbilanciarsi e si erano allegramente ubriacati, dando fondo al loro talento di improvvisatori. Voci non confermate li avevano dati per dispersi in una delle camere dell’appartamento. Insieme. Nessuno se ne era preoccupato: come ogni miglior copione includente un gay e un’isterica i due non avrebbero più ricordato niente della serata se non uno strano sogno erotico, in cui i rispettivi partner sembravano più femminili del solito. Il bollettino del gossip però s’infervorò improvvisamente quando dalla camera uscì con loro il vicino di casa di Madeline.
La fuga fu d’obbligo.
Jack ricorderà per sempre quella serata in cui casa sua venne distrutta e lui quasi ucciso. Ma tutt’ora giura che fu la festa migliore a cui aveva partecipato.
Fortunatamente non ne fecero più.

Frankie e Johnny erano stanchi.
Dopo che i ragazzi erano passati avevano raggiunto l’indirizzo che avevano urlato dal finestrino.
Effettivamente lì di gente ce n’era. Perfino troppa.
– Decisamente troppa. –
– Lo so Johnny. –
Erano scesi dalla macchina senza prendere le armi dal bagagliaio. Avrebbero fatto una cosa più pulita, senza dare troppo nell’occhio. Alle nove millimetri c’era già il silenziatore.
– Ricordati: inosservati. –
– Lo so Frankie. –
Erano entrati nel palazzo.
La festa si era espansa per tutto il condominio e alcuni condomini, rinunciando all’idea di dormire, ballavano e bevevano in pigiama.
L’ultimo piano era una baraonda incredibile: una marea di ragazzi e ragazze ballava, beveva, pomiciava, correva e urlava, seguendo un flusso di corrente del tutto casuale. Alla faccia del non volere indesiderati tra i piedi.
Individuarono subito Jack: era il ragazzo in piedi su un tavolo, con un tubo in bocca e la maglietta con su scritto Jack.
Cercarono di avvicinarsi e a metà strada incapparono nel tizio.
– Ragazzi! Ce l’avete fatta a venire!! Avete un look da sballo! –
Fece i pollici in su, diede a entrambi una pacca sulla spalla e scomparve inseguendo una bionda ubriaca quanto lui.
Frankie e Johnny si guardarono, poi guardarono Jack.
Gli avevano tolto il tubo e messo in mano una bottiglia di whisky, incitandolo a berla tutta d’un fiato.
– Non mi piace Johnny. –
– Neanche a me Frankie. –
Alcuni ragazzi sotto Jack stavano rollando uno spinello. Mentre uno di loro accorreva con l’accendino acceso, scivolò su una chiazza di birra e andò a sbattere contro il tavolo già traballante su cui stava Jack.
Improvvisamente, tutto andò al rallentatore.
Jack perse l’equilibrio e cadde addosso alla ragazza che stava tagliando la torta, lasciando andare la bottiglia. A sua volta, anche il coltello della ragazza finì in aria. La bottiglia di whisky andò a frantumarsi sul pavimento spandendo il liquore tutto intorno; nel mentre l’accendino dalla mano del ragazzo scivolava verso il pavimento. Il coltello volteggiava in aria, percorrendo una perfetta parabola in ascesa, per poi ricadere proprio sopra Jack, disteso sopra la ragazza. E mentre stava pensando che forse morire in quel modo era un po’ stupido, una mano afferrò il coltello e la velocità tornò normale.
– Tutto a posto ragazzo? –
Frankie teneva il coltello per il manico e tendeva a Jack l’altra mano. Johnny era invece accorso verso l’accendino e si stava già cercando una sigaretta.
– Amico, credo che dovresti almeno invitarla a ballare prima di stargli così sopra. –
Jack si riscosse un attimo e poi accettò la mano di Frankie.
– Grazie. –
– Nessun problema. –
I due afferrarono una delle bottiglie sparse lì in giro e uscirono, salendo sul tetto del palazzo.
Era estate e c’erano ventotto gradi. Johnny si tolse gli occhiali da sole e si asciugò il sudore dalla fronte. Davanti a lui, palazzi più o meno addormentati e la cappa afosa della città. Sotto di lui, il peggior festino alcolico cui aveva mai assistito. Con un sospiro si voltò verso Frankie.
– Sei vecchio Frankie. –
Frankie bevve un sorso dalla bottiglia e la passò a Johnny.
– Anche tu Johnny. –

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